Questo blog è nato almeno due anni fa. Nella mia mente solo, in realtà. E forse riesce a concretizzarsi ora, forse no, però voglio almeno darmi l'opportunità di provarci. Origina dalla solitudine profonda, sconfinata che ho provato quando mi sono resa conto che il mio bambino era diverso dagli altri. Dall'imbarazzo che leggo negli occhi delle persone quando lui ha dei comportamenti che risultano anomali in pubblico. Dalla paura e il disagio che provo quando penso che non so come evolverà. Dalla pena che provo per lui perché so che vivere è difficile per chiunque e che la sua strada sarà di certo più ripida di altre. Dalla lotta quotidiana intrapresa con la sanità, ma anche con la scuola e perfino con suo padre. Una vicina di casa del miei genitori, che conosco da quando ero bambina e che è madre di un figlio gravemente disabile, mi ha detto un giorno: "Non scoraggiarti. Ogni mattina, ricordati di indossare l'elmo ed esci a combattere". Ecco, forse l'elmo non basta, ci vuole anche l'armatura, almeno a metà, quanto basta per proteggere il cuore, lo scudo grande, per difendere lui e sua sorella, oltre che me stessa e qualche volta anche la spada. Che non guasta. Preferisco l'idea dell'elmo a quella di molte poesie in cui madri di figli con difficoltà si pregiano quasi di aver avuto questa opportunità. Per quanto mi riguarda, sarà che il mio senso di fede è fermo al cantiere con la scritta work in progress, non mi ritengo in alcun modo fortunata, non trovo alcuna consolazione né adrenalina nell'accogliere questa sfida. Fortuna è avere bambini sani, che scoprono il mondo da soli, che imparano a camminare e parlare in tempi giusti, spontaneamente. A me è capitato lui. Meraviglioso e a tratti incomprensibile. Un passetto alla volta, con grande fatica. E l'unica speranza, l'unica forza è l'idea che, finora, non ci siamo mai fermati. E farò tutto quanto in mio potere per riuscire ad andare avanti. Sempre. Però non mi nascondo. Non lo nascondo. Non me ne vergogno. E' così, qualcosa si è inceppato in qualche punto. La gravidanza è stata splendida, io non bevo e non fumo, non l'ho mai fatto. Giordano è stato desiderato e amato. Giordano non ha niente che non vada biologicamente. Gli esiti di tutti gli esami sono in ordine. Eppure non è un bambino come gli altri. E molto probabilmente non lo sarà mai. Questa è la situazione. E da qui si parte. Con tutta la serenità di cui siamo capaci. E se qualche accenno alla nostra esperienza può servire a qualcuno a sentirsi meno solo o anche solo a sapere che da qualche parte nel mondo qualcuno combatte la sua stessa battaglia, a noi fa piacere.

venerdì 28 marzo 2014

Ritardo cognitivo con sfumature di autismo

Al momento la sua diagnosi è ritardo cognitivo con sfumature di autismo. E non mi importa. Nel senso che questa diagnosi vale qualunque altra, più o meno grave. Ciò che davvero mi interessa è che lui sia seguito nel modo giusto e che gli vengano proposte delle attività che gli permettano di migliorare e imparare cose nuove. Piano piano ho intenzione di ritornare al giorno in cui è nato, ma non ora. Parlerò anche della delusione nel constatare che la sanità brancola nel buio non appena un bimbo non rientra appieno in ciò che viene considerato normale. Ho ritrovato i miei esatti percorsi nei racconti di una mia amica straniera, nei libri che parlano di esperienze con bambini autistici, nei blog in italiano, come in inglese. Esame audiometrico appena possibile, con me che obiettavo che il bambino ci sentiva benissimo e la dottoressa sogghignante che dichiarava che spesso questo esame riserva molte sorprese. Psicomotricità, logopedia appena inizia a parlare. Tutte queste terapie solo quando gli operatori dell'ASL erano a disposizione, agli orari in cui potevano loro, con i mezzi che avevano. E guai a chiedere un consiglio su operatori privati per raggiungere il numero di ore consigliato proprio dalla neuropsichiatra infantile del distretto. Guai. Il privato è fuori controllo, non si sa come lavorano. Invece il pubblico si sa benissimo. Tutto è lasciato alla professionalità ed al buon cuore del singolo. Come a scuola. A volte, spesso, questo non è garanzia di un buon servizio.

giovedì 27 marzo 2014

Mamma, vai a controllare mia sorella


Io vorrei davvero avere solo storie belle da condividere, riuscire a far credere che ora tutto sia sempre in discesa, ma non è così. Ci sono momenti positivi in cui rido, sono felice e penso davvero che con tempo e pazienza tutto andrà lentamente al suo posto e altri brutti, in cui invece mi domando se la nostra vita non sarà per sempre un’altalena di speranze e delusioni. Domenica siamo stati alla festa di compleanno per i tre anni della figlia di un’amica che si teneva in un grande salone. Come sempre quando si trova in situazioni ampie, non strutturate, Giordano non riusciva a stare fermo, poi c’erano troppe porte col maniglione anti-panico e troppi interruttori….A un certo punto, ha spento tutte le luci della sala, che erano crepuscolari e abbiamo dovuto aspettare un pochino perché si riaccendessero. Poi, dopo un paio di volte che l’ho ripreso e gli ho chiesto di non aprire le porte perché faceva freddo, ha continuato ad avvicinarsi a esse e a guardarmi, quasi a chiedere il permesso. Mi domando se, crescendo, riuscirà a comprendere che alcuni dei suoi comportamenti non sono accettabili, oppure se semplicemente sarà solo più difficile corrergli dietro e impedirgli di combinare guai.
Poi, però, lunedì, mi ha sorpreso ancora. Tanto.
Erano entrambi distrutti perché lunedì è stato il mio unico giorno di riposo e allora li ho tenuti a casa da scuola per trascorrere un po’ di tempo insieme, abbiamo passato la mattina a impastare pane, pizza, biscotti, torta, nel pomeriggio non hanno voluto riposare e pensavo sarebbero crollati presto. Invece al momento della doccia, lui ha detto che voleva il vasino, allora l’ha messo, come sempre, davanti alla televisione e vi si è seduto. E’ passata mezz’ora, sono arrivate le nove, le nove e un quarto. Mi ha detto: “Non esce, mamma”. Nove e mezza. Isabel è crollata ed è andata a dormire. Lui no, restava seduto convinto. Nove e quarantacinque: “Amore, vuoi che la facciamo domani? Andiamo a dormire?”. “No, mamma, adesso esce”. Bene, aspettiamo. Alla fine, mi siedo vicina a lui sul tappeto per fargli compagnia, mi fa tenerezza, piccolo e con le ginocchia lunghe piegate strette intorno al vasino. Gli faccio un po’ di coccole, lui si ritrae, a un certo punto mi dice sicuro “Mamma, controllare Isabel”. Io penso che voglia andare a vedere se sua sorella dorme, faccio per alzarlo, ma mi spinge via, mi spinge e ripete “Mamma, controllare Isabel”. Capisco, vuole che lo lasci solo. Però, anche se avrebbe potuto dire “Mamma, vai via” o “Mamma andare via”, è stato delicato abbastanza da inventarsi uno stratagemma per farmi allontanare, senza farmi restare male. Bravo, cucciolo. Alla fine, ogni poco, mi affacciavo dal corridoio e gli chiedevo se potevo tornare lì o dovevo ancora controllare sua sorella. Mi ha risposto sempre “Ancora controllare Isabel” fino a quando è stato a posto. E poi rideva sornione guardandomi negli occhi. Che gioia riuscire finalmente a capirsi, intendersi, che gioia vedere che ora sente di aver bisogno della sua intimità. Che gioia riuscire almeno a contemplare l’idea che potremmo condividere esperienze, essere complici di piccoli segreti, come avviene già con Isabel. E’ come se lo avessi sempre avuto sotto gli occhi ma solo ora cominciassi a conoscerlo, a rendermi conto che ho anche lui, che anche lui c’è, con tutte le sue sfaccettature, che non è solo qualcuno da accudire ma anche qualcuno con cui iniziare ad interagire. Sono meraviglie scontate per chi ha un bambino come gli altri, anche se forse sarebbe bello continuare a stupirsi di quanto sia magico crescerli, ma sono certa che mamme e papà e nonni di bambini speciali capiscono come io mi senta. E quando gli dico “Sei solo mio, sei il mio bimbo specialissimo”, dentro di me “specialissimo” non vuole dire che è diverso dagli altri, ma solo che è il mio bimbo e nutro per lui un amore sconfinato.

domenica 23 marzo 2014

Ciao mamma, io ho fame

L'altro giorno, si è svegliato dal pisolino pomeridiano, mi ha sorriso e ha detto "Ciao mamma, io ho fame". Tesoro mio bello, puoi mangiare l'intero mio frigorifero e anche la dispensa, solo continua a provare a fare uscire ciò che hai dentro, continua a dare voce ai tuoi pensieri, come stai facendo, e a colorarli. Come pochi minuti dopo, in macchina, con tua sorella che dormiva beata nel seggiolino e io ti ho detto di lasciarla riposare e tu, invece, insistevi: "Io voglio accarezzare Isabel, voglio accarezzare la mia sorellina". Che tenerezza mi fai, che gioia immensa sentirti rispondere alle domande e parlare di tua iniziativa. Mi sembra un miracolo. Ho passato anni a parlarti, a guardarti negli occhi, a chiamarti. E non rispondevi. Non riuscivo mai a catturare la tua attenzione, a comprendere se mi stessi ascoltando, se capissi quello che intendevo dire. E' successo che, dopo averti ripetuto mille volte la stessa cosa, ti sgridassi, per poi sentirmi in colpa immediatamente dopo, perché davvero non era chiaro se quello fosse il modo giusto di comportarsi con te. Ho pianto molte volte abbracciata a te, guardandoti in quegli occhi belli che fissavano altrove, desiderosa solo di trovare un percorso per entrare nella tua mente, per provare a venirti vicino e prenderti la mano nella mia. La musica ci ha aiutato molto. La musica e le canzoni. Ho scoperto per caso che se troncavo l'ultima parola di una filastrocca che ti avevo ripetuto spesso, tu, che pure non parlavi, terminavi la parola. Ci si è spalancato un mondo, lentamente. Poi se sentivi una canzone che riconoscevi, qualunque cosa tu stessi facendo, ti fermavi ad ascoltarla. Un richiamo potentissimo, finalmente una chiave per avvicinarsi a te.

venerdì 21 marzo 2014

Non mollare mai. E ripetersi questo imperativo come un mantra


Perché bisognerebbe focalizzarsi sugli attimi di gioia pura e tenerli stretti contro il petto e goderne più a lungo possibile, bisognerebbe tenerli stretti fino all’attimo di gioia pura successivo prima di lasciarli andare. Se si riuscisse a far così non ci sarebbero ombre, si vivrebbe di piccoli attimi, scintille di felicità. Oggi ho chiesto al mio bambino ingarbugliato di prendere per mano la sua sorellina. Lui mi ha guardata, è tornato indietro verso di lei e gliel’ha afferrata con forza, portandola con lui. Fotogramma che vorrei fissare nella memoria. Perché fino a qualche mese fa, Giordano non rispondeva nemmeno se richiamato più volte. Era assente a se stesso, vago, c’era e non c’era. Ora mi sembra così incredibile chiamarlo e che lui dica sì, oppure fare delle domande  e sentirmi rispondere. Oppure che prenda l’iniziativa e perfino parli. Frasi semplici, certo, non possiede il vocabolario di un bambino di quasi cinque anni, però, soprattutto quando si ha un bambino diverso dagli altri, bisognerebbe riuscire a non fare paragoni con altri, ma solo con lui stesso. Lui stesso com’era e come sta diventando. Perché ognuno ha il suo percorso e ha bisogno dei propri tempi. Lui più di altri

mercoledì 12 marzo 2014

Faccio la cacca?


Giordano da una settimana fa la cacca da solo tutte le sere. Senza stimolo alcuno. Semplicemente chiede di farla, si siede e la fa. Cosa c’è di strano mai? Un bambino di quasi cinque anni. Tutto normale. Strano come le percezioni cambino totalmente secondo la storia di ognuno. Strano come con lui non sia stato normale né facile niente. Ci sono giorni che avrei voglia di urlare e inveire contro chi? Non lo so nemmeno io, contro il destino avverso. O forse il caso, contro me stessa, perché probabilmente è stata solo colpa mia, del mio corpo, del parto difficoltoso con cui è venuto al mondo se lui è così. Così come? Diverso. Difficile. Ingarbugliato. Come se avesse un mondo strutturato dentro. Di cui bisogna trovare i capi, e iniziare a districarli. A qualche mese forse siamo riusciti a individuarli e stiamo provando a muoverli. E il mio bambino bellissimo, con le fossette, risponde entusiasta. Come se da tutto questo tempo non avesse aspettato altro che qualcuno premesse la giusta combinazione per permettergli di allinearsi agli altri. E il suo sorriso soddisfatto quando finalmente riesce a portare a termine le sue piccole imprese e le scoperte mi spalanca di gioia. Lo abbraccio fortissimo e penso che non importa quanto tempo ci vorrà, ma io e lui ce la faremo a trovare il nostro angolo di cielo, da qualche parte quaggiù.