Questo blog è nato almeno due anni fa. Nella mia mente solo, in realtà. E forse riesce a concretizzarsi ora, forse no, però voglio almeno darmi l'opportunità di provarci. Origina dalla solitudine profonda, sconfinata che ho provato quando mi sono resa conto che il mio bambino era diverso dagli altri. Dall'imbarazzo che leggo negli occhi delle persone quando lui ha dei comportamenti che risultano anomali in pubblico. Dalla paura e il disagio che provo quando penso che non so come evolverà. Dalla pena che provo per lui perché so che vivere è difficile per chiunque e che la sua strada sarà di certo più ripida di altre. Dalla lotta quotidiana intrapresa con la sanità, ma anche con la scuola e perfino con suo padre. Una vicina di casa del miei genitori, che conosco da quando ero bambina e che è madre di un figlio gravemente disabile, mi ha detto un giorno: "Non scoraggiarti. Ogni mattina, ricordati di indossare l'elmo ed esci a combattere". Ecco, forse l'elmo non basta, ci vuole anche l'armatura, almeno a metà, quanto basta per proteggere il cuore, lo scudo grande, per difendere lui e sua sorella, oltre che me stessa e qualche volta anche la spada. Che non guasta. Preferisco l'idea dell'elmo a quella di molte poesie in cui madri di figli con difficoltà si pregiano quasi di aver avuto questa opportunità. Per quanto mi riguarda, sarà che il mio senso di fede è fermo al cantiere con la scritta work in progress, non mi ritengo in alcun modo fortunata, non trovo alcuna consolazione né adrenalina nell'accogliere questa sfida. Fortuna è avere bambini sani, che scoprono il mondo da soli, che imparano a camminare e parlare in tempi giusti, spontaneamente. A me è capitato lui. Meraviglioso e a tratti incomprensibile. Un passetto alla volta, con grande fatica. E l'unica speranza, l'unica forza è l'idea che, finora, non ci siamo mai fermati. E farò tutto quanto in mio potere per riuscire ad andare avanti. Sempre. Però non mi nascondo. Non lo nascondo. Non me ne vergogno. E' così, qualcosa si è inceppato in qualche punto. La gravidanza è stata splendida, io non bevo e non fumo, non l'ho mai fatto. Giordano è stato desiderato e amato. Giordano non ha niente che non vada biologicamente. Gli esiti di tutti gli esami sono in ordine. Eppure non è un bambino come gli altri. E molto probabilmente non lo sarà mai. Questa è la situazione. E da qui si parte. Con tutta la serenità di cui siamo capaci. E se qualche accenno alla nostra esperienza può servire a qualcuno a sentirsi meno solo o anche solo a sapere che da qualche parte nel mondo qualcuno combatte la sua stessa battaglia, a noi fa piacere.

martedì 18 aprile 2017

Due anni quasi che non scrivo. Ma oggi sì. Sono stati anni importanti, di passaggio, se riprendo il blog ne scriverò. Ora voglio parlare del nostro primo museo, l'altro ieri, in Ungheria. Da due anni appunto, non perdiamo occasione di metterci in viaggio, e ne abbiamo percorse di distanze, noi tre insieme, la nostra macchina come una piccola navicella che si sposta nel mondo. Pasqua in Ungheria, Riccardo lo ripete da due mesi a questa parte, come un mantra, non avrei potuto disdire. Siamo andati in una cittadina termale incantata, vicino al Lago Balaton. Domenica abbiamo visitato il castello di Keszthely e Iris insisteva per entrare a visitare il suo primo palazzo delle principesse e il museo delle carrozze. Io avevo un attacco d'ansia già all'idea, ma era giusto tentare, a lei vengono negate molte cose della sua età perché non sono adeguate a Riccardo. Prima abbiamo calmato una crisi di pianto all'idea di andare a visitare il palazzo, poi abbiamo fatto un patto: "Ricky se visitiamo il castello con calma e stai tranquillo, dopo ti prendo il gelato": Siamo entrati, avevo la tensione alla gola e lui era sull'orlo del pianto continuamente. Cercare di evitare che si attaccasse ai cordoni che creavano il corridoio attraverso cui passare per le stanze, provare sempre a trovare qualcosa che attirasse la sua difficoltosa attenzione, narrare le vicende di re e regine di cui non sapevo niente con voce suadente che ci permettesse di arrivare in fondo senza lacrime. E intanto spiegare con calma a Iris a cosa servivano le stanze e i vestiti e i quadri e la statua del bassotto di famiglia. Sono uscita provata. Certo, è stato un successo, alla fine siamo riusciti, riusciamo sempre. Ma qual è il costo del riuscire? Vorrei, alle volte, prendere per mano i miei bambini e camminare serena verso il futuro. Spesso non è possibile.